La Duchessa di Firenze compie cinquecento anni! E Firenze la festeggia, e l’ha festeggiata, con mostre, conferenze, libri e preziose riproduzioni dei suoi gioielli (Eleonora di Toledo e l’invenzione della corte dei Medici a Firenze, solo per citare l’evento più famoso, che si è svolto dal 7 al 14 maggio a Palazzo Pitti, curata da Florence Bruce Edelstein).

Leonor Álvarez de Toledo y Osorio fu Duchessa di Firenze in quanto moglie di Cosimo I de’ Medici. Nacque ad Alba de Tormes nel 1522 da don Pedro Álvarez de Toledo y Zúñiga, ricchissimo e potente viceré di Napoli, e da donna María Osorio y Pimentel, marchesa di Villafranca del Bierzo. Aveva intensi e mediterranei occhi nocciola, un viso pieno e proporzionato e un’educazione improntata non solo alle arti liberali, come la letteratura e la musica, ma anche alla farmacia, alla scienza, alla pubblica amministrazione e al commercio (di beni di lusso, sale, grano o beni immobili e terreni).

Sposò Cosimo I de’ Medici nel 1539 all’età di diciassette anni. Salpò da Napoli l’11 giugno insieme al fratello Garcia, seguita da sette galere e arrivò a Livorno il 22 giugno preceduta dalla fama della sua cultura, bellezza e del suo corredo di vesti e gioielli. Dopo una breve sosta a Pisa con il marito e un paio di giorni alla Villa di Poggio a Caiano, la coppia entrò a Firenze il 29 giugno da Porta al Prato e si diresse alla chiesa di San Lorenzo dove il matrimonio fu celebrato.

Dopo le nozze, seguite da una grande folla e un ricco corteo, un vero e proprio evento mediatico per il periodo, Eleonora e Cosimo fissarono la propria residenza nel palazzo di via Larga (l’attuale Medici Riccardi) per poi trasferirsi a Palazzo Vecchio che, per l’occasione, fu ingrandito e ristrutturato (comprendendo anche la creazione di una cappella, denominata Cappella di Eleonora).

Le numerose lettere dei due coniugi testimoniano un rispetto e un amore assai raro per il periodo. Firenze, città in cui il pettegolezzo fioccava così come gli affari, non registra nei loro confronti alcuna notizia di crisi (nemmeno un tradimento da parte di Cosimo, nè tantomeno da parte di Eleonora che sviluppò per il marito un attaccamento romantico quasi morboso: piangeva disperata quando il marito era costretto a partire per impegni istituzionali). L’ascendente della Duchessa sul marito era notevole: lui, affetto da sbalzi d’umore, derivanti da una propensione alla depressione, aveva spesso con lei lunghi colloqui o scambi di opinione capaci di calmarlo e portarlo alla ponderazione (necessaria ad un capo di stato). Questo fece di Eleonora la reggente ideale in assenza del Duca.

Diede alla luca undici figli, sette dei quali allevò nella nuova residenza di Palazzo Pitti, comprando con i propri soldi i terreni circostanti che divennero poi il famoso Giardino di Boboli. Investiva denaro non solo per suo tornaconto, ma per risanare le casse della famiglia e dello stato, il suo ruolo preferito quello di property owners. Per lei il marito scelse il motto “cum pudore laeta foecunditas“, accompagnato da una pavoncella che protegge i pulcini sotto le sue ali.

I cittadini di Firenze non l’amarono molto: non usciva mai a piedi, si muoveva in una ricca carrozza foderata di raso verde. Eleonora si comportava conscia del suo ruolo e della sua educazione, secondo le regole e il comportamento spagnoli: magniloquente, impenetrabile e remota. Era considerata, e si considerava, assediata da estranei di cui non capiva fino in fondo le abitudini e certa trivialità che alla Corte spagnola non erano comuni. Amava le stoffe, i libri e i gioielli. Di abiti si occupava con grande esperienza e diventò la Wintour del suo tempo, dettando mode e innovando ricami e fogge. Famoso il ritratto del Bronzino che la ritrae con suo figlio, la prima rappresentazione del cosiddetto Soft Power: una First Lady, reggente dello stato, custode e garante della dinastia e delle sue relazioni internazionali. Nel ritratto non solo un meraviglioso abito, finemente ricamato, ma anche una cintura in oro, perle e pietre preziose di cui Paolo Penko, Maestro d’Arte Orafa, designer e scultore, ha realizzato una fedele copia, esposta nella bottega storica di via delle Oche il 24 maggio.

La cintura

La cintura – 177 cm – è stata realizzata (nell’arco di due anni) in argento dorato ed è composta da due tipi di maglie per un totale di 115 elementi (che riproducono l’alternanza visibile anche nel dipinto del Bronzino custodito agli Uffizi) e si interrompono per dare spazio a undici castoni e al bussolotto centrale. Ogni castone riproduce dei tralci che incorniciano le pietre preziose di taglio a tavola: un grande granato centrale illumina la creazione, insieme a quattro cristalli di rocca (simboleggianti l’innocenza, la fede e la verità). Il bussolotto centrale è traforato e nasconde uno spazio per una sfera di ambra profumata, che spandeva il suo profumo sulle vesti, ammantando la figura di un allure particolare. Lorenzo Villoresi, creatore di fragranze, ne ha realizzato una replica associando all’ambra grigia alcune spezie, cannella, chiodi garofano, noce moscata e cardamomo.

Da esso diparte una ricca nappa composta da 1500 perle bianche, viola, nere e rosa tenue (sessanta fili). Un capolavoro dell’arte orafa che non è nuovo alla Bottega Penko, già autore del prezioso manufatto per il Premio Galileo (facente parte della collezione permanente del gioiello contemporaneo); della storica corona del Marzocco; del diamante “Il Fiorentino”, con la sua montatura a forma di serpente, e delle preziose riproduzioni del Collare del Toson d’oro, dello Scettro e della Corona granducale.

Polo Penko, Maestro di di incisione a bulino, niello e cesoro, parla del suo lavoro come di una grande sfida “fatta di passione, conoscenza, creatività, innovazione“, come di un lungo viaggio avventuroso in cui non solo ritrovare il passato, ma anche innovare profondamente lanciandosi nell’oceano del futuro. Dal sito web ufficiale il Maestro Penko si esprime anche sul Made in Italy, offrendo al suo ampio pubblico internazionale collezioni ricche di “saper fare”, alta manualità e glamour (non disgiunte dall’esperienza umana in bottega).