Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione.” Sono queste le parole dell’articolo 7 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo, documento sui diritti della persona redatto a Parigi nel 1948, risultato di un continuo studio e dibattito pluricentenario che affonda le sue radici nei principi etici dell’inglese Bill of Rights (1689), dalla The unanimous Declaration of the thirteen united States of America (1776), e della Déclaration des droits de l’homme et du citoyen stilata durante la Rivoluzione Francese del 1789. Dichiarazione che ai giorni nostri non dovrebbe mai essere messa in discussione ed essere un faro che illumina, sostiene e protegge l’individualità della persona.

PRIVATO: LE PAROLE “GIUSTE” DEL GIORNALISMO. LINGUAGGIO E DIRITTI
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Ma è realmente così? I fatti attuali dicono altro, risultato di una linea politica tradizionalista e sovranista che esclude le minoranze e tutto ciò che è diverso e non incasellabile nel conosciuto, con incitamenti propagandistici attraverso i media alle persone LGBTQIA+, e non ultime le Famiglie Arcobaleno con la dichiarazione di illegittimità, da parte della Procura di Padova, degli atti di nascita dei loro figli, 33 bambini nati dal 2017 a oggi. Insomma, parrebbe che in un mondo di uguaglianza “qualcuno” sia più uguale degli altri.

In un articolo sul numero 26-27 del settimanale Vanity Fair, numero speciale dedicato al mese del Pride e diretto da Michela Murgia, Pasquale Quaranta ci invita a riflettere sull’uso delle parole “giuste”, una riflessione rivolta soprattutto alla categoria dei giornalisti che ogni giorno raccontano con parole e immagini la realtà che ci circonda. Giornalista e diversity editor di La Stampa, Dottore di ricerca all’Università di Tor Vergata, attivista per i Diritti Divili, Quaranta pone l’accento su l’uso del linguaggio discriminatorio che riduce le persone alla propria sessualità (es. “Hanno arrestato un trans”), che razzializza e cancella la competenza della persona interessata (es. “Biden lancia una nigeriana al World trade Organization”), e che nel caso dei femminicidi, trasforma la vittima in carnefice (es. “La uccide con 37 coltellate: lei voleva lasciarlo”). Recente la sentenza della Corte di Appello di Catania che ha condannato Vittorio Feltri (oggi consigliere comunale a Milano) e Pietro Senaldi, editorialista e direttore di Libero, al risarcimento di 11 mila e 5 mila euro per aver definito “patata bollente” l’ex sindaca Virginia Raggi in un articolo del 10 febbraio 2017. L’ex sindaca di Roma ha definito l’articolo “un coacervo di falsità, condite da luoghi comuni, pregiudizi, offese gratuite, sessiste, maschiliste e squallide.”

Le parole "giuste" del giornalismo. Linguaggio e Diritti - www.mockupmagazine.it
Cambiare il linguaggio e la narrazione significa cambiare mentalità e rispettare la persona. Chi scrive dovrebbe porre massima attenzione

Cambiare il linguaggio e la narrazione significa cambiare mentalità e rispettare la persona. Chi scrive dovrebbe porre massima attenzione e ricordare che la realtà “è molto più variegata e non può essere ridotta alla sola rappresentazione” del lettore tipo “eterosessuale, cisgender, bianco e abbiente”. Il problema secondo Quaranta è l’effettiva mancanza di diversità nelle redazioni giornalistiche: “probabilmente passeranno anni prima che la diversità possa entrare non solo come narrazione negli articoli dei giornali, ma anche come vita vissuta nel professionismo che li produce”. Una grandissima rivoluzione per il diversity editor de La Stampa, sarebbe la creazione di una Carta Deontologica arcobaleno intersezionale da rendere parte integrante del Testo unico dei doveri degli e delle giornalistə. Questo sì che sarebbe un grande cambiamento per rendere il mondo un posto migliore e mettere in pratica il famoso articolo 7 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo che oggi sembra dimenticato.

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