La storia della mimosa – fiore dal profumo non proprio gradevole – che è usanza regalare in occasione della Giornata della Donna in Italia, è legata profondamente alla storia del Belpaese e della democrazia. Nel 1946 l’Italia si risvegliava stordita nelle macerie dei palazzi, dei paesi, dello stato e della società: il fascismo aveva distrutto tutto, inimicato le persone, divelto la credibilità delle istituzioni, messo le famiglie una contro l’altra e demolito, mattone dopo mattone, la speranza e la fiducia nel futuro immettendo ciecamente il paese in un’economia idiota, in un culto distruttivo dell’uomo forte al comando e in una guerra inutile (come tutte le guerre) e persa in partenza.

Teresa Mattei

Quando le donne dell’UDI (Unione Donne Italiane) scelsero dunque la mimosa come fiore simbolo della giornata che le avrebbe rappresentate, non lo fecero per il loro colore o per il loro odore, ma perchè quel fiore rappresentava bene l’essenza della Resistenza antifascista: diffusa ovunque, condivisibile da tutti e resistente fra le intemperie.

Teresa Mattei, Teresa Noce e Rita Montagnana, partigiane elette all’Assemblea Costituente per scrivere la Costituzione e riedificare il paese, scelsero proprio la mimosa per rappresentare le donne. Teresa “Chicchi” Mattei, genovese ribelle e indipendente che si era già distinta al liceo per aver protestato con i professori contro le Leggi Razziali ed era poi stata arrestata sia dai fascisti, sia dai nazisti, si inventò persino una leggenda cinese perchè quei rametti gialli, che venivano strappati dagli alberi ai lati delle mulattiere e delle strade, fossero approvati come fiore simbolo: “Era il fiore che i partigiani regalavano alle staffette“, scrisse ricordando quei momenti, “mi ricordava la lotta sulle montagne e poteva essere raccolto a mazzi e gratuitamente“.

Ma la lotta, come Chicchi Mattei si accorse ben presto, non era finita con la fine del sacrilegio fascista sul corpo del paese. Ben presto si rese conto che la parità fra donne e uomini era lontana dal vedersi realizzata: mentre durante il conflitto le donne avevano rischiato la vita quanto e più degli uomini, dopo venivano invitate a ritornare ai fornelli in una ridda di richiami religiosi, determinismi pseudoscientifici riguardanti la santa trilogia del “Kinder, Küche, Kirche” (bambini, cucina e chiesa) e patriottici dettami che anche oggi echeggiano nelle sale del potere. Scrisse infatti che la mimosa le era molto cara perchè ricordava quell’impegno nella liberazione dell’Italia anche se “nemmeno un terzo di quanto è stato sancito dalla Costituzione è stato realizzato. All’epoca eravamo convinte che quelle leggi sulla parità sarebbero entrate subito in vigore, ma sono rimasti principi sulla carta”.

Una lotta che prosegue.

Foto di copertina: Foto di Patrizio da Pixabay