Presentato in anteprima al Festival di Berlino nel 2016, A Quiet Passion, sulla vita, le opere e le passioni di Emily Dickinson, è in distribuzione nelle sale italiane dal 14 giugno 2018 e si distingue, in tempi così bui e acefali, per l’estrema sensibilità nell’uso della sceneggiatura, sulla quale si muove una parola affilata, e per una regia colta e raffinata sotto la quale fotografia e costumi si sposano felicemente.

Solo un regista di Liverpool come Terence Davies, che ricordiamo per The Deep Blue Sea (2011) con Rachel Weisz e Tom Hiddleston, poteva rendere con dovizia e crudezza la più arguta, britannica e ribelle delle poetesse americane. Il biopic su Emily Dickinson è feroce, a tratti troppo lento, dipinto in una perenne penombra in cui uno dei personaggi più grandi delle letteratura mondiale irrompe scivolando su frasi ribelli, gesti e sentimenti sui quali si affacciano tematiche importanti come la storia americana, il ruolo della donna nella società, la malattia e l’idea di Dio.

Figlia di un noto avvocato e politico e di Emily Norcross Dickinson, la poetessa americana, nata e vissuta ad Amherst, nel Massachussetts, dal 1830 al 1886, visse la quasi totalità della sua vita nella casa paterna, attorniata dai genitori, dalla sorella e dalla famiglia del fratello, amante di quest’ultimo compresa, salvo allontanarsi qualche volta per recarsi in visita ai parenti di Boston e Cambridge, nel Connecticut. Amante della natura e del colore bianco, di cui si circondò specialmente dopo la morte dei genitori, cantò la natura, i dettagli della vita domestica, l’amore platonico per il reverendo Wadsworth (coniugato), il rapporto tormentato con il Soprannaturale, che non sentì mai innato, e le grandi battaglie americane, come la Guerra di Secessione che vide combattere fra loro gli Stati Uniti d’America e gli Stati Confederati.

La Emily di Cynthia Nixon, che gli appassionati di Sex and the city ricorderanno per il personaggio di Miranda, è spigolosa ma non priva di quella dolcezza ereditata dalla madre. Qualità che è possibile trovare nei suoi versi poetici, mirabili sculture di parole dotate di una semplicità sconcertante e di una punteggiatura bizzarra. Con le poesie la Dickinson si isola dai mortali cercando nel futuro le persone alle quali confidare il male di vivere e la bellezza dei giorni.

Nel film episodi emblematici del carattere della donna (la scena del piatto che, una volta rotto, non può più definirsi sporco) e i terribili versi dedicati a una vita che mai aveva invitato la loro autrice a prendere parte alla sua danza:

Poiché non potevo fermarmi per la Morte –
Lei gentilmente si fermò per me –
La Carrozza non portava che Noi Due –
E l’Immortalità –

Procedemmo lentamente – non aveva fretta
Ed io avevo messo via
Il mio lavoro e il mio tempo libero anche,
Per la Sua Cortesia –

Oltrepassammo la Scuola, dove i Bambini si battevano
Nell’Intervallo – in Cerchio –
Oltrepassammo Campi di Grano che ci Fissava –
Oltrepassammo il Sole Calante –

O piuttosto – Lui oltrepassò Noi –
La Rugiada si posò rabbrividente e Gelida –
Perché solo di Garza, la mia Veste –
La mia Stola – solo Tulle –

Sostammo davanti a una Casa che sembrava
Un Rigonfiamento del Terreno –
Il Tetto era a malapena visibile –
Il Cornicione – nel Terreno –

Da allora – sono Secoli – eppure
Li avverto più brevi del Giorno
In cui da subito intuii che le Teste dei Cavalli
Andavano verso l’Eternità –

By Matteo Tuveri