La pellicola di Steven Spielberg, prodotta dalla Amblin Entertainment, dalla Pascal Pictures, da DreamWorks, Star Thrower Entertainment, Participant Media e 20th Century Fox, ha conquistato i critici statunitensi e alla seconda settimana di programmazione si è confermata come uno dei lavori cinematografici più accurati degli ultimi anni.

La storia al centro del film – all’inizio un po’ lento – è quella dei Pentagon Papers, documentazionw di settemila pagine, prodotta su richiesta del segretario alla difesa Robert McNamara, che presenta uno studio approfondito sulle strategie e i rapporti del governo federale con il Vietnam nel periodo fra i 1945 e il 1967.

Autore dello studio l’ex militare ed economista Daniel Ellsberg che, copiatolo nella sua interezza, lo passò per la pubblicazione prima al New York Times, fermato da un’ingiunzione delle autorità giudiziarie su impulso dell’amministrazione Nixon, e poi al Washington Post che ne proseguì la diffusione affrontando, insieme alle altre testate giornalistiche, un processo ricco di suspense.

Coinvolti nella vicenda Ben Bradlee (Tom Hanks), caporedattore del Post, e la proprietaria Katharine Graham, interpretata da Meryl Streep.
La donna dovrà affrontare, fra incertezze e un ritrovato coraggio, l’ambiente politico ostile e lo sciovinismo maschilista, allora più marcato rispetto a quello attuale. La recitazione dei protagonisti è equilibrata e dosata e accontenta una fotografia e una regia concrete e rigorose.

La sceneggiatura (Liz Hannah e Josh Singer) è la base della pellicola che si conferma come logocentrica e razionale: una corsa intellettuale e giornalistica, ma anche giudiziaria, contro il tempo spietato della politica che lascia distesi sulla scena i cadaveri delle incertezze e dei dubbi dei protagonisti.

By Roberto S.