In cerca di leggerezza, delicatezza e condivisione, abbiamo incontrato le Sorelle Marinetti in occasione dello spettacolo Non ce ne importa niente, andato in scena al Teatro Massimo di Cagliari il 3 e il 4 gennaio 2015. Andrea Allione, Marco Lugli e Nicola Oliveri, accompagnati dal Maestro Christian Schmitz (pianoforte) e dal Maestro Adalberto Ferrari (clarinetto), insieme al papà delle Marinetti Giorgio Bozzo, ci hanno concesso una piccola intervista sull’argomento Leggerezza in tempi di crisi che è anche l’argomento del nostro primo editoriale. In cerca di leggerezza, delicatezza e condivisione, abbiamo incontrato le Sorelle Marinetti in occasione dello spettacolo Non ce ne importa niente, andato in scena al Teatro Massimo di Cagliari il 3 e il 4 gennaio 2015. Andrea Allione, Marco Lugli e Nicola Oliveri, accompagnati dal Maestro Christian Schmitz (pianoforte) e dal Maestro Adalberto Ferrari (clarinetto), insieme al papà delle Marinetti Giorgio Bozzo, ci hanno concesso una piccola intervista sull’argomento Leggerezza in tempi di crisi che è anche l’argomento del nostro primo editoriale.

Andrea Allione, Nicola Olivieri e Marco Lugli parlano con Matteo Tuveri e Giulia Marini, Pic by Duranti

Andrea Allione, Nicola Olivieri e Marco Lugli parlano con Matteo Tuveri e Giulia Marini, Pic by Duranti

Il progetto de Le Sorelle Marinetti, nato su idea di Bozzo come accompagnamento corale per lo spettacolo di Gennaro Cosmo Parlato, e poi evolutosi in autonomia dal 2006, propone sul palco, per gli spettacoli Non ce ne importa niente, Note di Natale e Risate sotto le bombe, il trio delle Suffragette della musica (o Signorine perbene) di Turbina, Scintilla e Mercuria. Il trio, ispirato ai fenomeni canori del passato come Silvana Fioresi, Delia Lodi e il Trio Lescano, propone un recupero filologico delle sonorità degli anni ’30 e ’40.

Il primo disco delle Sorelle Marinetti Non ce ne importa niente è uscito nel febbraio 2008 per la P-Nuts di Giorgio Bozzo, mentre il debutto dello spettacolo teatrale “Non ce ne importa niente” è stato al Teatro CIAK di Milano e ha visto la presenza di 1.700 persone.

 

Sul palcoscenico del Teatro Massimo, le Marinetti, fra canto armonizzato e coreografie vintage, così come i loro abiti, hanno portato un rievocazione ruggente e elegante di un periodo storico difficile per l’Italia che ha però saputo offrire sonorità energiche e capaci di scrivere la storia della musica e dello spettacolo, come le note di Il Pinguino innamoratoLa famiglia canterina e La gelosia non è più di moda.

Non ce ne importa niente, 3 gennaio 2015, Pic by Duranti

Andrea Allione, Nicola Olivieri e Marco Lugli parlano con Matteo Tuveri e Giulia Marini, Pic by Duranti

Lo swing, i vestitini a stampa floreale, i cappellini con la veletta, lo smalto rosso e pastoso e quella sottile voglia di divertirsi nonostante tutto nascosta dietro i modi contenuti e l’ironia pungente, questa è l’eleganza delle Marinetti che, smessi i panni delle inossidabili sorelle, hanno lasciato spazio a Marco, Andrea e Nicola per parlare di musica, arte, saper fare e Italia. Il tutto condito con il grano salis di Giorgio Bozzo che stupisce per lucidità di vedute e lungimiranza manageriale.

La crisi e la necessità di reagire per ripartire. Come vedete questo momento e come il vostro spettacolo si inserisce in una riflessione sul tema?

Nicola – Le canzoni portavano allegria, buonumore e speranza, la differenza è che oggi si pensa che non saremo in grado di risolvere la situazione attuale. Prima c’era solidarietà ci si stringeva uno all’altro. Oggi ci lamentiamo e basta. Leggerezza non vuol dire superficialità, ma significa sorridere insieme e essere solidali. Insieme si risolvono tanti problemi.

 

Andrea – La crisi c’è ma non siamo ai livelli del passato, mettersi di buona lena e darsi da fare sembra l’unica risposta da dare a questo periodo di domande. L’ottimismo che scaturisce dallo spettacolo può essere incanalato positivamente. Speriamo possa contribuire.

Giorgio – La riscoperta dei lavori manuali e del saper fare, il ritorno alle cose semplici, sono indicativi del periodo che viviamo. Urlare troppo e mettere in evidenza solo ciò che non va, spesso significa dimenticare quello che sappiamo fare. Scordarci anche della nostra eccellenza. Bisogna avere voglia di rialzarsi e di dare il colpo di reni per riprenderci, siamo un popolo di creativi e nei momenti di crisi, come l’ideogramma cinese che, oltre al significato di crisi si porta appresso anche l’accezione di opportunità, dobbiamo essere in grado di cogliere le opportunità del cambiamento.

Andrea Allione, Nicola Olivieri e Marco Lugli, insieme a Giorgio Bozzo e Christian Schmitz parlano con Matteo Tuveri e Giulia Marini, Pic by Duranti

Andrea Allione, Nicola Olivieri e Marco Lugli, insieme a Giorgio Bozzo e Christian Schmitz parlano con Matteo Tuveri e Giulia Marini, Pic by Duranti

Marco – La risposta è nell’apprezzare la nostra storia e il nostro passato, abbiamo il nostro patrimonio, siamo ricchi e piangiamo miseria. Inoltre sembra necessario costruire un’opinione pubblica, un popolo che è perso dietro il benessere l’acriticità.

Quali difficoltà ha trovato il patron delle Marinetti nel portare avanti un progetto di recupero filologico della musica d’epoca?

Giorgio Bozzo ammette che difficoltà ce ne siano state, non solo economiche, naturalmente, ma anche perché non esiste un pubblico per il teatro. Spesso il teatro è luogo di frequentazione per dimostrare un certo status sociale, ma il ricambio generazionale nel pubblico è lento o inesistente. Mancano inoltre persone che sappiano mettere in scena cose che abbiano senso perché frutto di preparazione, introspezione e di un discorso intellettuale onesto non disgiunto dalla realtà che quotidianamente si vive come artisti e come pubblico. La parola d’ordine è riappropriarsi del teatro, deve essere aperto a tutti, bisogna ritornare al teatro come luogo di sperimentazione, incontro e recupero della collettività.

Alla fine dello spettacolo, durante la serata del 3 gennaio, Bozzo intrattiene e saluta il pubblico con un discorso inerente la bellezza del patrimonio storico culturale del paese. Invita il pubblico a pensare ai muri di Pompei che cadono, alle migliaia di opere d’arte rinchiuse nei magazzini e nelle soffitte polverose, e propone la riscoperta della nostra vera forza che è rappresentata dal nostro sconfinato patrimonio culturale. Il silenzio si fa fitto, il pubblico alla fine applaude. E noi con lui.


Immagine di copertina: Non ce ne importa niente, 3, 4 gennaio 2015, Pic by Duranti