In un lungo rito di passaggio, accompagnato dalla compostezza della moglie e sovrana Elisabetta, e dalla vicinanza di figli e nipoti, il Principe Filippo, Duca di Edimburgo, si è accomiatato dalla nazione e dal mondo.

Il feretro del principe consorte è stato deposto nella Volta Reale della Cappella di San Giorgio, dove è stato tumulato. Ultimo atto di una transizione e una separazione ineluttabili, mediaticamente necessarie a una società cresciuta nell’oblio della sofferenza. Una lezione per il teatrino della polemica e del divertimento cui spesso i media e la politica ci hanno abituato.

Nato nel 1921 a Villa Mon Repos (la stessa che ospitò Elisabetta d’Austria quando si innamorò della bella isola greca di Corfù) dal principe Andrea di Grecia e dalla principessa Alice di Battenberg, Filippo lascia sull’altare della cappella di San Giorgio, a pochi passi dalle stanze di Windsor, le sue decorazioni e i suoi titoli, non ultima quello di marito e compagno leale e affatto silenzioso, sempre pronto a dire la sua con tagliente e compassato eloquio.

Grazie al suo matrimonio con l’allora erede al trono, il giovane principe greco-tedesco lega ulteriormente la casata dei Windsor (o almeno così sarebbe stata rinominata) a quelle di Grecia e Danimarca (e indirettamente a quelle di Norvegia e Svezia), stabilendo per il Regno Unito profondi legami europei.

Matteo Tuveri, autore della prefazione de La Fontana, Il Sextante

Umorismo, gentilezza, capacità di mettere a proprio agio (o posto) le persone – stessa dote della moglie, del figlio e della nuora Sophie – e birbonesca attitudine all’osservazione della realtà circostante; questo principe, parente di sovrani, militare e amico di ingegneri, delle arti e dell’ambiente, apre a Buckingham Palace una stagione di grande solitudine. Ma non una lezione senza allievi.

Un Alberto 2.0, che lascia nelle stanze di Windsor non una Vittoria, matrona inconsolabile e inerme, ma una Regina piccola – figlia di Giorgio e di una paffuta/formidabile anima di origini scozzesi – ripiegata su se stessa quanto basta ad avanzare fra dovere e determinazione.Un vuoto diplomatico, una voce concreta nella bolla acritica della nostra società, rappresentato dal suo calesse vuoto, trainato dai pony Fell, Balmoral Nevis e Notlaw Storm, sul quale erano poggiati – immoti – il suo berretto, il frustino e i guanti di pelle.

Foto di copertina: Il Duca di Edimburgo e la Regina Elisabetta nel 2003 in Scozia (Pic by The Countess of Wessex).