Milva a Pistoia nel 2009 (fonte: Wikipedia, sailkoCC BY 2.5)

Ho intervistato Milva per due volte, chiamava lei e si sfogava (un fiume in piena). Un rapporto improntato alla gentilezza e alla riservatezza, che va ben oltre gli articoli che ho scritto e che ha arricchito il mio percorso di uomo, scrittore e autore. Era saggia, affettuosa, sempre preoccupata per la salute di tutti (dai familiari agli amici e conoscenti. Mi invitava a prendere la propoli perchè faceva bene alla gola n.d.r.) e non le importava di stare simpatica ma di essere coerente con se stessa. Parlavamo in italiano – ovviamente – e le piaceva se ogni tanto lanciavi qualcosa in tedesco nella conversazione (dall’altra parte della cornetta stava muta, poi incalzava con un “genau” o un “sissignore”, con quella voce robusta tipica di quando arricciava le labbra e abbassava il mento).

Nel 2009 si era definita un’artista in letargo in un inverno artistico: “la mia è una vita piena – mi disse – vissuta sia artisticamente che nel privato., è una vita che mi ha portato a cantare fin da bambina e a lottare da allora per migliorare, per crescere, per stare dietro alle idee, anche all’ignoto” (Eco della Calabria, n. 151, 3 giugno 2009). Mostrava nelle sue relazioni, professionali e umane, un bagaglio emotivo, culturale e di vita inestimabile. Aveva diffidenza per la “nuova televisione” dei reality e del dolore, infatti spesso mi ripeteva “ma cosa ci vado a fare io in TV? Farei come quella mia collega che si è resa ridicola (“ma non lo scriva”, aggiungeva seria).

La poetessa Alda Merini e Milva durante la serata al Teatro Strehler di Milano del 2004 (Fonte: www.aldamerini.com – Autore Giuliano GrittiniCC BY-SA 3.0)

Di Alda Merini, conoscenza che con grande fortuna condividevo con lei (sebbene l’abbia incontrata – per caso – solo due volte), mi aveva detto parole bellissime, la considerava come “una sorella maggiore, una donna difficile, ricca di talento e ispirazione, carica delle luci e delle ombre del suo immenso carisma che ha passato momenti molto difficili, forse le prove più orribili e logoranti per una donna“. Mi aveva anche rivelato, in una lunga chiacchierata sulla poetessa dei Navigli, di non riuscire a piangere per la sua morte: “perché tanti e tali sono i ricordi, anche tangibili, della sua umanità, fatta di foto, scritti e aneddoti, da poter solo gioire per il suo continuo starmi accanto“. (Lucidamente, 11 Ottobre 2009).

Dal canto suo, la Merini la adorava, di lei aveva scritto: «Non occorre che io mi sieda sul letto / a rivedere i sogni perduti / basta guardare gli occhi di Milva / e vedo la mia felicità / la poesia è una donna superba e ha la chioma rossa…».

I giapponesi la definirebbero “tesoro vivente”. E a me pare che lei, che era letteratura, di quel genere di letteratura vivido e concreto, non possa mai venir meno.

Immagine di copertina: Milva, retro di copertina dell’album Milva Portrait