Maurizio Lioniello è un poeta e un medico di Napoli. Per presentarlo lascio parlare le sue parole:

La poesia non può essere sempre e/o “solo” personale. In pratica non puoi parlare sempre di te stesso: diventi noia. Se sei un poeta, devi parlare e dire quello che gli altri non sanno dire. E dire con le parole quello che gli altri non sanno, non vogliono o non possono dire a parole. E se è vero che in ogni poesia ci sei tu (o una parte di te), quel tu o quella tua parte deve cercare di essere di accordarsi alla parte di un altro, di un’altra, o anche di molti-molti.

Non posso io
Dedicata a Frattaminore
 
Di poca luce vestita tu da sempre
discreta sull’attenti mi rimani sempre muta.
I vecchi dicono sia il tuo costume.
Tutti insieme (così) origliamo la parola storica:
                                                                                  “venduta”!
 
Mani-piedi-bocca legata, al silenzio
obbligata, arresa non puoi non essere.
In più: c’è poca calma.
In questo precipitare molta più folla di prima.
Macchine troppe che rombano poco sangue,
molto fumo. Il vecchio profumo
della nostra bandiera non più c’è.
 
La stessa tua natura prega                           (me lo chiede):
“mi ripari una strada? Con colori nuovi ti andrebbe
di accarezzarmi?”
 
Della tua voglia di remare contro è terminato.
Ogni progetto non riesci.
Di abbracciarci ancora inutilmente, pure.
Così più non esci.
 
Di fronte a veritiere, cristalline mura di frantumata realtà
dove tu non hai più la tua campagna, i tuoi odori.
E laddove io non ho più te, la mia campagna,  i miei profumi
guardare più non vorrei tuoi nuovi colori
né osservare questi nuovi, strani cacciatori.
 
Dei tuoi occhi la non felicità acceca;
una parola di scuse o un rimpianto qui a te nessuno arreca:
“al dolore risposte non troverai”
– mi dici tu, madre!
 
Il tuo ex-amore, or ora tuo attuale rancore
bere io non posso.
Stanca la bocca. Soprattutto troppo amaro il boccone.
Guarda cosa è il mio cuore diventato: un osso!
 
Masticar pietre? Non me ne parlare.
Perché? Perché è soprattutto d’estate.
Me lo ricordo e mi accorgo:
tu manchi e mi manchi.
 
Da qualcosa altro fu la nostra comune anima sostituita.
Sulla tomba della precedente
rossi fiori brillano come fuochi
(come quelli che balenano in estate:
ma se ora fosse inverno, chi o cosa ci riscalderebbe?)
 
“Trovami ancora nei vicoli
cercami ancora fra le mie strade!  
Sorprendimi ancora nel mio nascondiglio
perché la cosa più bella è essere trovati
(se si è troppo bravi il gioco non vale).
 
Giovani nuovi!
Mi ritroverete di nuovo a cantare dell’amore:
i suoi consigli ascoltare come un tempo non potrò?
Potrà il tuo cuore provare un sorriso.
Potremmo, per esempio, ridere di me.
 
Amarmi finalmente?
Non posso io”
 
E’ questo che canti.
E’ questo che dici.