Donne non si nasce, lo si diventa”, l’assunto di Simone De Beauvoir non fu mai più vero se posto in relazione alla vita, e alle memorie, di Faustina Roero di Cortanze, dama d’onore di Maria Teresa d’Asburgo-Lorena, moglie dell’amletico Carlo Alberto di Savoia (“quanto era vuoto il suo cuore”). Per Faustina il “Tu” è d’obbligo: il personaggio che emerge dagli scritti, conservati nell’archivio dei Cortanze e al Castello di Racconigi, appartenuti alla Principessa d’Osmond e infine ritrovati da Giuseppe Adolfo Roero che ne intuì la portata, è tutt’altro, come direbbe ancora la De Beauvoir, che “quel prodotto intermedio tra il maschio e il castrato che chiamiamo donna”; ma è un individuo maturo, educato alla vita e ai suoi marosi, che passa attraverso le difficoltà, affronta i capricci degli Dei e dei potenti e fende con tormentata attenzione anche la morte annunciata di una famiglia in estinzione e di una vita agli sgoccioli (“Non so se ho mai provato una così grande stanchezza nella vita”). Un profilo potente che dirada le nebbie della storia come una figura quasi parentale, vicina alle “anime del futuro”: tagliente, precisa e vibrante.


Quattro piccoli quaderni

Le autrici Maria Teresa Reineri e Cristina Corlando, danno alle stampe, sotto l’egida del Centro Studi Piemontesi, il volume “A vent’anni ero bella. Diario di una Dama di corte”. La traduzione, ottimamente resa in italiano, dei diari della signora di Cortanze, colta e avveduta protagonista delle vicende sabaude (e non solo), capace di dare il braccio a Metternich senza esserne affascinata del tutto, di parlare schiettamente al futuro re Carlo Alberto ed esprimere vividi e ponderati giudizi sulle persone e i fatti come una moderna giornalista. Dalla sua penna una raccolta di taccuini che non è solo testimonianza autobiografica e diaristica, ma anche letteratura odeporica (di viaggio), resoconto politico e sociale e riflessione intima di percorsi psicologici legati all’età che avanza, alla morte e al rapporto con il divino.

Quattro piccoli quaderni. I primi due coprono gli eventi che vanno dall’11 ottobre 1817 al 9 luglio 1844; il terzo parla dei fatti accaduti fra il settembre 1844 e il settembre 1855, mentre il quarto (ottobre 1855 – autunno 1871) mostra una Faustina in una sorta di ritiro francese della maturità e poi della morte (l’annotazione finale risale al 16 ottobre 1871, nove mesi prima della scomparsa).

Faustina Roero di Cortanze, i diari custoditi al Castello di Racconigi
Faustina Roero di Cortanze, i diari custoditi al Castello di Racconigi

La giovane nobildonna, entrata giovanissima alla corte sabauda, figlia di Giovanni Cesare Frichignono di Castellengo, già sindaco di Torino, e di Luisa Arborio di Gattinara e di Breme, traccia nei suoi diari, vere e proprie cronache giornalistiche della vita politica, sociale, artistica e personale.Un’epopea umana tutta italiana in una corte che prima provinciale, poi europea e infine italiana, rappresenta i difetti, i pregi e le pieghe più nascoste di un paese tutto (quello italiano per l’appunto).

Maestra di vita anche da giovane, la Cortanze considera il suo servizio a corte con distacco e saggezza, sicurezza per il futuro dei figli, lavoro ingrato ma necessario per il bene della famiglia, ma senza ambizione, con quello speciale e colto disincanto delle persone di rango: “essere precisa e mai importuna, mai mormorare e lamentarmi […] molta riservatezza con il principe e rispetto verso la principessa, non lasciarmi mai incantare dalla familiarità che non può che essere passeggera”. Un monito anche per tutti noi che leggiamo: “i principi vogliono qualche volta dimenticare il loro rango, ma esigono che gli altri se ne ricordino sempre”.

E infine buonsenso e dissimulazione onesta (quella etica dell’Accetto): “non concedersi mai delle maldicenze al loro cospetto, neanche parlare con leggerezza di qualcuno, le cose minime possono essere essenziali.”


Cinquant’anni di storia

Eccezionale testimone oculare di avvenimenti e personaggi, affetti, rancori, gente onesta e “raccomandata”, sovrani insicuri e sospettosi alle prese con le “follie” del potere, la Cortanze si sofferma sulla morte di Napoleone Bonaparte (“ha terminato i suoi giorni in un’isola solitaria e l’Europa, che ha riempito del suo nome, apprende solo due mesi dopo che ha cessato di vivere!”), sull’arrivo di Carlo Felice a Torino (“in generale lo si teme, lo si conosce inflessibile e si sa che non ama i piemontesi. Lui stesso aveva l’aria pensierosa e severa”) e sulla natura umana: “direi di aver appreso a conoscere e disistimare gli uomini. Da un lato gli innocenti confusi con i colpevoli, dall’altro i colpevoli giustificati, prodigate ricompense a chi non lo merita […] il vizio impudente, la virtù umiliata, la frode incurante degli uni, l’ipocrisia degli altri”.

Foto di famiglia 1846/1847, Faustina di Cortanze è ritratta al centro. (Fonte: Archivio di Stato di Asti, Archivio Privato Roero di Cortanze©)

Cronache di corte fanno emergere, attraverso una Schlagfertigkeit (prontezza di spirito) tutt’altro che bonaria, la vivacità della penna di Faustina: “Se si domanda alla signora di Gabriac come suo figlio, che è stato perdutamente innamorato di Giulietta di Barolo, così vivace, intelligente e civettuola, possa oggi esserlo di madame Viale, così dolce e tranquilla, risponde: dopo una tazza di cioccolato si beve acqua fresca.

Descrive con dovizia di particolari le arciduchesse d’Austria, che, a suo parere sembrano tutte uguali, protagoniste magiche di una fiaba inquietante: Maria Luisa d’Asburgo (vedova Bonaparte, Duchessa di Parma e novella signora Neipperg) è “graziosa e spigliata” con “aplomb e dignità”; l’Arciduchessa di Toscana “è la fata Carabosse” (la fata cattiva) “deforme e orrenda”; la regina di Napoli (anch’essa austriaca) “ha l’aria di una vittima” e, infine, quella d’adozione torinese, appare un po’ rigida. Le occasioni mondane e le usanze religiose, come quella genovese delle Casaccie, invitano al sorriso: “singolare processione – con –  abiti sontuosi in velluto e broccato, statue, macchine portate da ventiquattro persone che si cambiano ogni momento, pellegrini, un bambino a cavallo che arringa la folla in spagnolo. Qualcuno – prosegue la nostra giornalista – aveva ben ragione di dire che era la più santa stupidaggine che si potesse vedere”.

Il 6 agosto 1836 incontra Balzac e scrive: “Certo non è bello. Ma il suo sguardo ha qualcosa che affascina. Abbiamo parlato dell’amore”. Lui di rimando: ““Faustina è l’unica donna spirituale e colta d’Italia”. E ancora, l’estenuante braccio di ferro con Maria Nicolis di Robilant, durante il quale Faustina non vacilla un attimo; e il giudizio su Carlo Felice: “bisognava vederlo da molto vicino o da molto lontano per apprezzare le sue virtù e le sue molte qualità. Tutto ciò che era in mezzo non vedeva che i suoi difetti” (massima valida anche oggi per gli storici n.d.r.).

Faustina Roero di Cortanze, Centro Studi Piemontesi, Scheda a cura di MockUp-Magazine

Nel volume cinquant’anni di storia piemontese, europea e italiana di Casa Savoia: il regno di Vittorio Emanuele I; la posa della prima pietra della Gran Madre di Dio, senza la quale oggi sarebbe impossibile immaginare la città di Torino; la Rivoluzione del 1821, il regno di Carlo Felice, Carlo Alberto e lo Statuto; la Guerra di Indipendenza; Vittorio Emanuele II Re d’Italia (lo stesso che Fustina ha visto nascere: “il principe di Carignano ha avuto un maschio questa notte all’una”); la dipartita di Maria Teresa, vedova di Carlo Alberto e la morte, di lì a poche settimane, dell’ultima regina di Sardegna Maria Adelaide, nata Asburgo-Lorena: “la dolcezza del suo sguardo e quella del suo sorriso erano inesprimibili, seduceva con la sua presenza, riusciva con una parola, con uno sguardo”. Non sfugge a Faustina il carattere del tutto platonico del rapporto fra la defunta e il marito Vittorio Emanuele (che d’altronde avrebbe poi ufficializzato, dopo tanti flirt e molti figli illegittimi, il suo rapporto con Rosa Vercellana, la “Bela Rosin”, Contessa di Mirafiori e di Fontanafredda): “amava suo marito di un affetto pieno di indulgenza; secondo me lo amava più come un fratello che come marito”.

A seguire, la scomparsa del duca di Genova Ferdinando, padre di Margherita, futura regina dell’Italia unita, getterà l’ombra della depressione su Vittorio Emanuele II (incline alla superstizione e ai momentanei breakdown). La Cortanze descrive con vivide parole un dialogo intimo fra lei e il Re: “mi ripeteva singhiozzando: ‘mi si parla di avvenire, di successo cosa me ne importa? La mia Adele così bella e buona, mia madre che ammiravo tanto, mio fratello con cui avevo sempre vissuto.

E infine il declino in un pensionato religioso a Nizza, dopo aver donato la casa al figlio Ercole (in difficoltà economiche), e il dialogo costante con Dio e i ricordi in cui ritratti, balli e visi si rincorrono.

Faustina Roero di Cortanze ci insegna come l’osservazione attenta delle piccole cose possa contribuire a definire la realtà del “mondo grande e terribile” (cito Gramsci). È senza dubbio la rivelazione femminile storica dell’anno.

Le cassette sigillate con il lascito del marchese Giuseppe Adolfo Roero di Cortanze (Fonte: Archivio di Stato di Asti©)