La storia del Don Giovanni Tenorio (Don Juan) compare la prima volta in letteratura nel 1632, grazie alla penna di Tirso de Molina. E da allora viaggia nelle pagine, e nei palcoscenici, di tutto il mondo e di ogni tempo con Molière (1665); Mozart; Carlo Goldoni; Lord Byron; Aleksandr Sergeevič Puškin; José Zorrilla; José de Esproncedao; Brecht; José Saramago e Jacinto Grau Delgado.

Don Juan, Aterballetto, fonte: Teatro Massimo di Cagliari - recensione di Matteo Tuveri su www.mockupmagazine.it
Don Juan, Aterballetto©, Teatro Massimo di Cagliari (15-16 aprile 2023)

È dunque ancora maggiore la maestria con cui la Fondazione Nazionale della Danza /Aterballetto e il coreografo Johan Inger (con la presenza essenziale di Gregor Acuña-Pohl e le musiche di Marc Álvarez), affrontano al Teatro Massimo di Cagliari (15 e 16 aprile) la sfida nel coniugare in gesti, movimenti e interpretazioni corporee la materia letteraria e multidisciplinare rappresentata da Don Juan.

Sedici danzatori (Saul Daniele Ardillo e Hélias Tur-Dorvault nel ruolo di Don Juan), con un’esecuzione capace di tirare anima e nervi ad un occhio attento, interpretano gli storici personaggi Donna Elvira, Donna Anna, Zerlina, Masetto e Leporello in una sorta di ideale enfilade di stanze che si aprono ogni attimo della storia su orizzonti umani, caratteri universali e mondi antropologici fatti di inganni, passioni, incontri, addii, illusioni e soprattutto immense solitudini.

Aterballetto inscena una Versailles della psicologia contemporanea, una corte ideale di reconditi pensieri ed emozioni in cui campeggia un protagonista affascinate, certamente ancora sinonimo di infaticabile amatore, ma anche e soprattutto un uomo solo e superficiale che, avendo sposato l’idiozia del social network, ne riceve in cambio un nulla frenetico pieno di assenza. L’umanità è nella storia una piazza in cui sono state aperte per sempre le gabbie dell’egoismo e dell’ignoranza, sguinzagliando i mastini di una guerra interiore capace di dare vita a un affresco desolante ed edipico

Sullo sfondo il dialogo fra i generi, l’ansia dell’abbandono materno che impregna indelebilmente l’infanzia di Juan e che ne condiziona per sempre il suo intendere il rapporto interpersonale e affettivo. Una sorta di “dare-ricevere” in cui il ghosting o il tradimento non sono libertà ma schiavitù frustrante (in primo luogo per chi – affetto da narcisismo patologico – li compie).

L’abbandono e la contrapposizione fra buono e cattivo (giusto e sbagliato) sono incarnati da semplici simboli scenici come un calzino mancante o un gioco di specchi reso con danze coordinate attorno a un pannello. Le scene corali, dall’evidente valore cinematografico, evocano West Side Story.

Don Giovanni o Il convitato di pietra alla quale si è ispirato il coreografo Gasparo Angiolini per realizzare nel 1761 il balletto pantomimo Don Juan ou Le festin de pierre, in collaborazione con Christoph Willibald Gluck per la musica e Ranieri de' Calzabigi.
Don Giovanni o Il convitato di pietra alla quale si è ispirato il coreografo Gasparo Angiolini per realizzare nel 1761 il balletto pantomimo Don Juan ou Le festin de pierre.

Fabiana Piccioli immagina tale dicotomia in una alternanza concreta di luci in cui la pantomima non cede un solo attimo la preminenza all’aspetto ginnico dei movimenti. Una scommessa già vinta sul palco dal genio di Gasparo Angiolini (con Christoph Willibald Gluck e Ranieri de’ Calzabigi nel 1761).