Dal 15 al 19 febbraio al Teatro Massimo di Cagliari è andato in scena l’inedito “Mille“, di Andrea Muzzi, con Ninni Bruschetta e Annagaia Marchioro (spazio e luci di Stefano Valentini con la produzione della mitica BAM Teatro). In un mondo che è diventato un cinico XFactor, in cui ognuno di noi è in giuria, in un palcoscenico fatto di haters di professione che vomitano addosso opinioni, giudizi e voti, pensarsi liberi da tale circo può essere un paradosso. E può costare caro. È il paradosso kafkiano della gentilezza che investe e ingurgita il protagonista Pietro Marconi, uomo mite che viene invitato a comparire con urgenza in un fantomatico ufficio pubblico.

Ninni Bruschetta e Annagaia Marchioro, Mille
Ninni Bruschetta e Annagaia Marchioro, Mille

A riceverlo la funzionaria Costanza Guarnieri, di stanza all’ufficio 8, pronta a contestare al Marconi una grave infrazione: allo scatto del verde, al semaforo, l’uomo sarebbe rimasto fermo 37 secondi, ricevendo in cambio le parolacce dell’automobilista dietro di lui. Il comportamento contestato non sono i secondi di fermata “abusiva”, ma quell’inqualificabile silenzio che il protagonista ha restituito all’imbufalito automobilista. Marconi, che del padre della radio e delle telecomunicazioni porta il cognome, ha infatti spento l’antenna delle offese reciproche e si è rifiutato di rispondere all’aggressione verbale con un’altra aggressione. È rimasto zitto!

Se il fondamento del rito orgiastico Made in Oprah Winfrey, prevede infatti che all’odio si risponda con odio uguale e contrario (“col cuore” direbbe la D’Urso), il protagonista della commedia inscena un fantozziano cortocircuito. Rifiutandosi di partecipare al rito. Creando, dunque, una falla nel sistema capace di influenzare il futuro molto più di quanto possa immaginare. Piccolo e annichilito, Bruschetta è un perfetto uomo qualunque al quale si contrappone una Annagaia Marchioro (trasformista della voce avvolta da una semplicità comunicativa che spiazza e conquista) che mette in scena una Signora Silvani a pochi passi (novecentonovantanove, per l’esattezza) dalla vittoria finale.

L’impiegata Costanza presiede l’Ufficio 8 proprio con quell’unica missione: ristabilire l’ordine nel caos di un’improvvisa gentilezza, di un non calcolato silenzio. La commedia ricorda non solo Kafka e il Fantozzi di Paolo Villaggio, ma anche l’imprevisto nonsense di Pirandello e L’Eccezione e la Regola di Bertolt Brecht in cui il paradosso di non seguire i dettami del feroce copione sociale, può creare un’ellisse paradossale nella giungla umana dell’odio. Uno straniamento che strappa il sorriso e che invita a pensarsi liberi dall’eterno talk show dell’urlo.

Il testo di Mille è saporito, incalzante e mai banale. Sulla pièce aleggia il fortunato ritmo delle commedie di Garinei e la tematica del Neorealismo coniugata con la vivacità della migliore televisione di Tognazzi e Vianello (ma anche Valentina Amurri, Syusy Blady, Linda Brunetta, Lella Costa e Serena Dandini ndr). Attuale e impietoso, ispira negli attori – veri e propri mattatori del palcoscenico – una recitazione dal grande respiro umano.