Dal 26 al 30 ottobre 2018 la cosiddetta tempesta Vaia ha lacerato profondamente l’area montana del nordest italiano (interessando quasi essenzialmente l’area montana: lo schianto di milioni di alberi – 42 milioni – e la distruzione di ettari di foresta). Il forte vento caldo di scirocco, paragonato da Reinhold Messner ai venti che si abbattono sull’Everest, ha soffiato fra 100 e i 200 km/h per diverse ore, abbattendosi sull’Altopiano dei Sette Comuni (Val d’Assa, Piana di Marcesina), la Val Visdende, l’Agordino (Alleghe, Canale d’Agordo con la Valle di Gares, Colle Santa Lucia, Falcade con la Valle del Biois, Rocca Pietore e l’intera Valle di San Lucano a Taibon Agordino), l’area attorno al Lago di Carezza, le Valli di Fassa e di Fiemme (Paneveggio), l’Altopiano di Piné, le zone della catena del Lagorai, la Valcamonica (il Passo Crocedomini, Paspardo e Cimbergo).

Tempesta Vaia, alberi sradicati

Da quella scioccante esperienza nasce Vaia, con l’intento di recuperare gli alberi sradicati dalla tempesta trasformandoli in prodotti finiti: “un nuovo modo di creare oggetti senza depauperare materie prime, fornendo una risposta concreta alle conseguenze dei cambiamenti climatici”.

Vaia è una cassa passiva a forma di cubo, che ha origine dall’abete rosso degli alberi abbattuti dalla tempesta e contribuisce, in modo del tutto naturale, ad amplificare i suoni del telefono cellulare che, alloggiato nell’apposita scanalatura, immette i suoni emessi nel cubo. Divenuto sinonimo di progettualità e forza contro la tempesta (vera e metaforica), il progetto VAIA mette al centro della produzione il riuso, il rispetto per l’ambiente (Vaia si impegna a piantare un albero per ogni prodotto venduto.) e il concetto di unicità e design. La sua forma, le venature del legno, e la funzionalità, a tratti sorprendente, rivelano la forza della creatività nascosta negli eventi più tragici della vita. Come dice un monaco del 1200: il veleno si può trasformare in medicina

Abbiamo sentito Federico Stefani, Paolo Milan e Giuseppe Addamo, fondatori di Vaia Srl.

Ambiente, mercato e sostenibilità. Queste sono le parole chiave per un futuro, per l’appunto, degno di questo nome. Virus, tempeste, tsunami, terremoti e inquinamento. Ognuna di queste catastrofi, e molte altre, non sono ineluttabili conseguenze dei tempi, ma dipendono (o possono dipendere) da come l’uomo decide di sfruttare le risorse a sua disposizione, di declinare gli strumenti di produzioni applicati alla materia prima. Cosa ne pensate in merito?

Noi crediamo che la nostra società e le aziende che la compongono concepiscano la produzione come “sfruttamento”, ossia depauperamento di risorse già esistenti. È sempre stata l’idea che sta dietro la produzione: sfruttare e trasformare una materia prima in un oggetto finito.  Tuttavia, il futuro ci impone di guardare al modo di fare impresa in un modo totalmente diverso, che rappresenti un arricchimento per la società e l’ambiente circostante. Adesso conosciamo le responsabilità che l’uomo ha nei confronti dei cambiamenti climatici, pertanto bisogna trovare una soluzione per cambiare le attuali modalità di produzione, iniziando a investire significativamente sulle energie rinnovabili per esempio. Noi di VAIA abbiamo pensato, nel nostro piccolo, che un modo originale per produrre fosse “recuperare e dare nuova vita” a una materia prima considerata di scarto, come il legno abbattuto dalla tempesta Vaia. Speriamo e vogliamo che questa filosofia possa rappresentare un esempio per altre aziende, in modo da ripensare drasticamente al rapporto esistente tra i soggetti sociali e l’ambiente.

I fondatori Vaia Federico Stefani, Paolo Milan e Giuseppe Addamo

La storia di Vaia è una storia di resilienza, ovvero di riuscire a vedere nelle difficoltà la scintilla della possibilità di rinascere. Oggi molti giovani (e non solo) soffrono per la disoccupazione, il precariato e le conseguenze, spesso devastanti, del lockdown recente. Vista la vostra esperienza, qual’è il vostro messaggio per chi pensa di aver perso le speranze?


Non è facile, per noi giovani, trovare il nostro posto in questo delicato momento storico. D’altro canto, crediamo anche che spetti a noi offrire soluzioni originali capaci di coniugare il lato economico con il lato ambientale e sociale. E poi, nonostante ci dipingano volentieri come svogliati e succubi degli eventi, noi abbiamo a che fare ogni giorno con ragazzi motivati, determinati, pronti a mettersi in gioco in ogni situazione. Quindi il nostro messaggio è questo: la storia di VAIA ci insegna che da un cambiamento devastante, bisogna avere il coraggio di ricominciare e trovare strade nuove. Cadere, rialzarsi e reinventarsi fa parte dell’essere umano. Per questo motivo, siamo fiduciosi che l’Italia e i suoi giovani talenti saranno capaci di andare avanti, con spirito di sacrificio, forza di volontà e la determinazione che tutti gli altri Paesi ci invidiano.

Il mercato – e la produzione – è guidato dal consumo ipertrofico. Esiste – secondo la vostra opinione – una via d’uscita da questo tipo di concezione “usa e getta”?

Purtroppo la concezione “usa e getta” costituisce un elemento massicciamente presente nel mercato. Siamo invasi da oggetti “usa e getta”. Bisogna pensare a una scomoda ma necessaria inversione di rotta per far fronte ai problemi ecologici dell’immediato futuro. Non è possibile cambiare drasticamente dall’oggi al domani. Però è arrivato il momento di acquisire una maggiore consapevolezza sul nostro stile di vita, cominciando ad assumersi le responsabilità delle nostre scelte di consumo e privilegiando alcuni prodotti piuttosto che altri. Sono piccoli cambiamenti che tuttavia possono dare il via a un vero trend di mercato, capace di spostare le preferenze delle masse e diventare una piccola “rivoluzione” verde. Siamo convinti che tutto ciò sia necessario e lavoreremo perché avvenga nel modo migliore possibile.