Il 31 agosto chiude i battenti la mostra dedicata al genio della fotografia Peter Lindbergh e ospitata negli ambienti della Kunsthalle di Monaco di Baviera, a pochi passi dalle vie del centro e dalla verde cornice dell’Englischer Garten.

Lindbergh è uno dei fotografi di moda più influenti e famosi degli ultimi quarant’anni e la mostra, a parte le immagini relative al mondo della moda degli anni Novanta, che legano il suo nome alle top model più famose, mostra al pubblico circa 220 oggetti e testimonianze del suo lavoro, compresi filmati, storyboard e polaroid preparatorie. È certamente una mostra per appassionati di comunicazione visiva quella che Thierry-Maxime Loriot ha curato nei minimi dettagli, così come era già successo per la mostra dedicata a Jean-Paul Gaultier fra il settembre 2015 e il febbraio 2016.


Il bianco e nero della produzione del fotografo tedesco apre una stagione di forte realismo negli scatti di moda gettando le basi per un nuovo linguaggio comunicativo per i magazine e le riviste di settore. Rifiutando gli artifici della “vecchia” fotografia legata agli abiti e alla couture, Lindbergh è stato certamente il primo – insieme a Gianni Versace – a focalizzare la sua narrazione sulla personalità degli abiti e dei corpi ritratti. Se prima, infatti, il focus delle immagini di moda, statiche e fortemente drammatiche, era incentrato sulla posa e l’ambiente, con Lindbergh l’attenzione si sposta sul carattere delle donne, e degli uomini, immortalati: movimento, spontaneità e persino smorfie sono componenti essenziali di una scena pulita in cui le forme dei corpi e degli abiti emergono da un ambiente quasi sempre sfocato, definito ma mai invasivo. Perché al centro sta l’essere umano (o la storia che egli vive).

Peter Lindbergh. From Fashion to Reality (Kunsthalle Muenchen - www.mockupmagazine.it)

Peter Lindbergh. From Fashion to Reality (Kunsthalle Muenchen – www.mockupmagazine.it)

Linda, Cindy, Naomi e Kate diventano dunque nomi famosi, capaci di evocare un mondo di rullini, polaroid fittamente annotate, pagine di agenda e camere oscure la cui luce rossa permette la nascita di veri e propri capolavori. Uno dei primi a capire l’importanza di narrare una storia (Storytelling), o un pezzo di essa, Lindberg elabora il verbo di Fritz Lang (Metropolis), l’ambigua perfezione di Josef von Sternberg (Der blaue Engel) o la pignoleria dei set di Alfred Hitchcock (The Birds e Psycho).

Nelle foto dell’artista anche Jeanne Moreau, in uno scatto in cui grandi occhi e labbra sono fermi risultando pervasi da un forte senso del movimento, Giorgio Armani, Gianni e Donatella Versace, Tina Turner, Madonna, Pina Bausch, Pharell Williams, Helena Bonham Carter, ritratta in un lungo abito “bruciato” da volute di Swarovski, e molti altri. In una sala un filmato fatto di ombre, luci e figure, ispirata al suo lavoro sullo Sconosciuto (The Unknown) che dal cielo si proietta in forma di oggetti non identificati (U.F.O) su riviste e pellicole cinematografiche.

Una continua tensione verso la liberazione della fotografia dall’ansia dell’eccentrica perfezione della bellezza. Quella che lui definisce responsabilità del fotografo: “liberare le donne, e in definitiva chiunque, dal terrore della giovinezza e della perfezione”.

By Matteo Tuveri