Sergio Gaiteri, autore de La Cameriera (Il Sextante)

Sergio Gaiteri, autore de La Cameriera (Il Sextante)

[fbshare type=”button”] Sergio Gaiteri, classe 1970, nasce a Córdoba (Argentina) e lì insegna Lettere Moderne. Già autore di libri e racconti, quali Los días del padre y otros relatos (2006, Ediciones del Boulevard), Certificado de Convivencia y otros relatos (2007, Editorial Recovecos), per il quale riceve il premio Fondo Nacional de las artes, e Nivel Medio (2008. Editorial Raíz de Dos), viene ora pubblicato dalla piccola e intelligente casa editrice Il Sextante che da tempo si occupa di autori emergenti in Sudamerica e Italia.

Il breve volume, intitolato La cameriera, presentato anche al Salone Internazionale del Libro di Torino, racconta, alla maniera dei minimalisti, una storia suggestiva caratterizzata da risvolti comuni, in un’ambientazione comune. La forza dell’autore, infatti, non risiede nell’eccezionalità degli eventi, che invece ripropongono situazioni immerse nell’apparente grigiore quotidiano, ma nell’evocare un sentire e un vivere in cui chiunque può ritrovarsi. Le sue sono situazioni in cui appare l’eroismo dell’uomo della porta accanto, intento silenziosamente ad affrontare “avventure” kafkiane.

L’incipit presenza l’inizio di un diario nel quale, un uomo in fase di separazione dalla moglie, coglie ogni aspetto della sua situazione e, senza lirismo, ma con estrema eleganza, quella della visione letteraria, ne espone ogni sfumatura in un susseguirsi di eventi: le ragioni della rottura con la compagna, il rapporto con i figli e con i vicini di casa e, infine, quello con l’universo femminile.

L’aggettivazione è essenziale, i periodi brevi e concisi. Una laconicità, che permette all’autore di fare mostra di una certa eleganza di pensiero, lascia in chi legge la sensazione di aver letto un lavoro di grande qualità.

La cameriera impone allo sguardo interiore del lettore un preciso cinema mentale, di cui siamo abituati a parlare grazie al successo critico, scolastico e universitario delle Lezioni Americane di Calvino, ma che in realtà fa poco sfoggio concreto nella letteratura. L’opera di Gaiteri offre fotogrammi in cui il personaggio, raramente descritto, si definisce strutturalmente, sia dal punto di vista narrativo, sia personale e sociale, grazie a infinite azioni quotidiane.

Abbiamo incontrato Sergio Gaiteri e gli abbiamo posto alcune domande sul suo libro.

Sergio Gaiteri, La Cameriera, Il Sextante 2010, copertina

Sergio Gaiteri, La Cameriera, Il Sextante 2010, copertina

Luci, ombre, mondi diegetici ed extra diegetici si incrociano a delineare un mondo da cinematografo. Quale l’importanza del gesto quotidiano, del Lebensraum dell’uomo qualunque, senza qualità, come quello di Robert Musil, nella sua narrativa?

Vi è un punto di partenza al quale ci ha malamente abituati la letteratura, ossia la necessità di argomentare cose strane o di ricercare lo stravagante. Forse la mia misantropia mi fa pensare che la semplice esistenza ci renda tutti, senza eccezione, dei sopravvissuti. Qualche cosa che si avvicina all’idea hegeliana del romanzo come epopea della borghesia. Credo anche che ci sia un rischio significativo, una sfida, nell’immaginazione creativa per trovare una trama e un modo per raccontare frammenti delle vite di uomini e donne, diciamo, comuni.

La figura maschile viene scarsamente rappresentata in letteratura come portatrice di un ruolo di “antieroe buono”, molto spesso eroe positivo, altrettanto spesso traditore, sadico aguzzino o bambino egoista. Il protagonista del suo libro, invece, è un uomo che compie errori, che lo riconosce e che riflette su di essi. Ce ne può parlare?

Nei miei racconti e nei miei romanzi faccio in modo che i miei personaggi abbiano, nella misura in cui la ragione umana e i contesti materiali lo consentono, la possibilità di scegliere, di sbagliarsi o meno, di essere miserabili, puerili o grandiosi. Delineo le trame affinché ci sia lo spazio per l’azione. Cerco di non minacciarli. Di non farli diventare delle vittime. Credo che la letteratura non sia un libro di lamentele. Preferisco pensare alla letteratura come una dimostrazione fugace dei molteplici modi in cui le persone interagiscono in un determinato tempo e luogo.

By Matteo Tuveri


 

Si ringrazia Mariapia Ciaghi per la traduzione