Nato a Roma, nel cuore barocco del rione Pigna, allevato da La Sapienza fra Guarino Guarini e Francesco Borromini, Paolo Portoghesi lascia il mondo alla chetichella, nella sua meravigliosa Calcata, con la consueta eleganza. Lontano dagli eccessi, lui che sul Barocco aveva compiuto gran parte degli studi, aveva anticipato i temi del movimento postmoderno nei progetti di Casa Baldi del 1960 (ispirata ai ruderi romani) ed in seguito con Casa Papanice del 1968.

Nel 1976, con la pubblicazione del saggio Le inibizioni dell’architettura moderna, pone le basi del Postomodernismo che, come diceva Charles Jencks, vedeva la luce in “un’epoca in cui non può essere adottata alcuna ortodossia senza imbarazzo e ironia, perché tutte le tradizioni sembrano avere una qualche validità” (What is Post-Modernism?, 1986). In quegli anni si iscrive al Partito Socialista facendo parte della sua Assemblea Nazionale.

Nel 1980 fu direttore del settore architettonico della Biennale di Venezia e diede incarico ad Aldo Rossi di realizzare il cosiddetto “Teatro del Mondo“, un sogno itinerante a forma di imbarcazione che viaggiava lungo i canali di Venezia custodendo i riferimenti storici dei maggiori stilemi architettonici dell’umanità. Una sorta di freak show delle maggiori correnti artistiche. Si impegnò poi nella mostra “Presenza del passato“, dove i maggiori architetti postmodernisti – Venturi, Moore, Hollein, Bofill, Stern, Ungers, Purini, Gehry e Kleihues – realizzarono la “Strada Novissima“, un edificio immaginifico allestito da Costantino Dardi, vero e proprio manifesto del Postmodernismo.

Alla base della sua visione dello spazio e degli edifici, che fu poi visione del mondo, il concetto di dialogo fra le infinite parti che compongono inevitabilmente una sana realtà: dialogo fra antico e moderno (senza per questo rifiutare le istanze dei modernisti) e dialogo fra le religioni (realizza il Palazzo reale ad Amman in Giordania, le moschee di Roma e Strasburgo e l’aeroporto di Khartum). E ancora la Sacra Famiglia di Salerno (del 1974m con Vittorio Gigliotti); la chiesa di Santa Maria della Pace a Terni (2003); la chiesa dei SS. Cornelio e Cipriano di Calcata nuova (2009); la chiesa dei SS. Francesco e Chiara a Castellaneta (2013) (solo per citarne alcuni).

Negli ultimi anni approda alla geoarchitettura (termine caro a Le Corbusier) all’insegna della decrescita umanistica in nome della tutela degli equilibri naturali (pubblica il saggio Geoarchitettura. Verso un’architettura della responsabilità e fonda la rivista Abitare la terra).

Foto copertina: La moschea di Roma (fonte Wikipedia, public domain)