Al di là della scenografia, in bilico fra la nave spaziale e il Domopak, oltre i due presentatori che trovo equilibrati fra loro (quel tanto sotto tono da piacere a tutti), oltre Rita Pavone, la cui voce è prova sicura del fatto che in Italia qualcuno possa costruirsi una vera carriera musicale; tralasciando certe ospitate al risparmio (le figlie e nipoti d’arte, le mogli di cantanti famosi sono vecchie idee), anche a Sanremo 2017 i social e la percezione mediatica la fanno da padroni (con un boom di ascolti: 12 milioni di persone incollate allo schermo, 58,4% di share)

Matteo Tuveri - www.mockupmagazine.it

Sanremo piace agli italiani perché incarna al meglio la loro vocazione di tuttologi della comunicazione: non ci sono giudizi sulla musica o sulla preparazione canora, nemmeno sull’organizzazione di uno show (disegni, tempi, colori), ma un giudizio generalizzato su gossip, abiti e quanto sia divertente ballare o cantare questo o quel motivetto.

Le reazioni sui social sono eloquenti, a vincere è sempre il ritornello simpatico e disimpegnato ed è inutile che voi sentiate il bisogno di esprimere il disagio di una nazione o un sentimento articolato. È tradizione a Sanremo: a vincere sarà sempre e comunque il trallallà da balera con la sacrosanta motivazione che “non si può sempre essere seri”. Se sentite la necessità di qualcosa di più, siete pregati di guardare altro, a soddisfare le vostre esigenze ci pensa il premio per la critica o il nonno zoppicante reduce dagli attentanti di Nizza. Il pubblico di Sanremo è sensibile, si sa, ama tutte le mamme del mondo, che sono tutte belle, e va pazzo per i fiumi di parole, ma non tollera la cultura.

Sanremo2017, Carlo Conti e Maria De Filippi alla conduzione.

Sanremo2017, Carlo Conti e Maria De Filippi alla conduzione.

La prova di questa affermazione la forniscono i tanti comici invitati, con quella satira-non-satira dal sapore sempre italiano, che sarebbe a dire intrattenimento per non pensare (e se si pensa è sempre a quanti soldi hanno i politici, a quanti avvisi di garanzia, a quanto il buon cittadino italiano non faccia proprio niente per meritarsi il nulla sociale in cui vive: insomma la vecchia storia passivo-aggressiva).

Ci sono certo le eccezioni, una Mannoia elegante e impeccabile, un Ermal Meta capace di mettere insieme personalità, parole e musica, oppure un Michele Bravi che bravo in effetti lo è (a cominciare dal timbro della voce, immediatamente riconoscibile). Ma l’Italia del televoto la pensa diversamente, vuole ballare.

I vincitori esistono proprio per questo motivo (per ballare): i brividi, e la cotenna ai peli delle braccia, ogni volta che vedo Francesco Gabbani, colorato, simpatico e comunicativo, e ho la sensazione di avere davanti un ibrido fra Zack Morris di Bayside School e Marco Columbro di Buona Domenica. Una specie di revival anni Novanta pescato in un angolo casual dal quale emergono “italian popstar” e politici. Idealmente un bel terzo posto ma, come sostenuto da Enrica Bonaccorti, “ormai la voglia di distrarsi vince sulla necessità di pensare“.

Alla fine, tutto sommato, è uno spettacolo che nei suoi infiniti piccoli atomi interessa ma che, nel suo insieme, non restituisce l’impressione di uno show memorabile. Non so se questo sia dovuto alla natura dell’evento o alla bravura di chi organizza. Di sicuro lo si può seguire anche mentre si cucina o si fa il bucato fra balcone e lavanderia. Si rimane un po’ immobili fra quegli istanti di spettacolo, senza capire la struttura generale: come Maria De Filippi, segaligna e distaccata, divertita da un’occasione che tutti dicono meravigliosa.

Vince Maria e gli altri escono (come sempre).

By Matteo Tuveri