Era nata il 25 luglio 1876 a Possenhofen, a circa 30 chilometri da Monaco di Baviera, in una famiglia eccentrica, allargata e un po’ più gioiosa e libera rispetto alle altre famiglie tradizionali dell’alta aristocrazia o borghesia.

Suo padre era Carlo Teodoro, terzogenito maschio del Duca Massimiliano in Baviera e di sua moglie la Principessa Ludovica di Baviera, noto per i suoi due matrimoni e per gli studi in medicina (aprì uno studio medico per l’assistenza gratuita a nullatenenti, esercitò la professione di oftalmologo nello staff del Prof. Alexander von Ivanov. Aprì una clinica a Tegernsee, e la sua fama lo portò a operare anche in Algeria).

La madre era Maria José di Braganza, donna colta e raffinata, dal grande senso pratico e uno spiccato senso della famiglia, in grado di infondere calore e spontaneità al clima familiare bavarese.

Le fate madrine: Elisabetta, Maria Sofia e Sofia Carlotta

La zia, e madrina, Elisabetta d’Austria, le trasmise l’amore per la letteratura, per la musica e per l’arte. L’altra zia, Maria Sofia, regina di Napoli, le lasciò in dono la ribellione e il coraggio di una tigre, mentre la terza “fata madrina” le infuse sprezzo del pericolo e senso civico del bene comune, parliamo di Sofia Carlotta, duchessa d’Alençon, anche lei proveniente dal gruppo dei fratelli e sorelle di Possenhofen. Proprio quest’ultima le lasciò in eredità anche il suo grande destino e l’amore, perchè fu durante il funerale della zia, morta durante l’incendio del Bazar de la Charité a Parigi nel 1897 (nel quale persero la vita 126 persone, di cui ben 118 donne e al quale Netflix ha dedicato la serie TV “Destini in fiamme) che conobbe Alberto del Belgio, secondo figlio del Conte e della Contessa di Fiandre.
Fu lui, dopo alcuni mesi, durante una passeggiata a chiederle: “Croyez-vous que vous pourriez supporter l’air de la Belgique ?“.

Alberto ed Elisabetta, Duchi di Brabante

Alberto ed Elisabetta, Duchi di Brabante

Regina dei Belgi

Dal 1909 al 1934 ridisegnò il ruolo di regina accanto al marito: saggi, avveduti e colti, si occuparono di musica (a lei è tuttora intitolato il Concours musical international Reine Élisabeth), letteratura, filosofia, medicina e assistenza sanitaria. Il Roi Chevalier e la Reine Infirmière, così erano chiamati, curarono in modo particolare il rapporto con la popolazione con un rispetto esemplare per la Costituzione e le istituzioni rappresentate.

Fra i suoi successi, pressochè dovuti al personale carisma, la resistenza durante la Prima Guerra mondiale; il viaggio negli Stati Uniti d’America, per ottenere aiuti per il paese distrutto dall’evento bellico; l’Association Égyptologique Reine Élisabeth (era presente all’apertura della tomba di Tutankhamon); la Fondazione medica Regina Elisabetta e la Fondazione Regina Elisabetta per l’assistenza medica agli indigeni del Congo belga. Diede inoltre impulso alla costruzione del Palazzo delle Belle arti di Bruxelles.

Patrona delle arti: piccola e indomita

Dopo la morte del marito, avvenuta il 17 febbraio 1934 durante una scalata a Marche-les-Dames, si occupò dei nipoti Giuseppina Carlotta, Baldovino e Alberto, rimasti orfani dopo la tragica morte della madre Astrid di Svezia, e della questione reale (risolta con l’abdicazione del figlio). Fu madre di Maria José d’Italia che la ricorda, nel suo libro Albert et Elisabeth de Belgique: Mes Parents, come impegnata, colta e parca nelle manifestazioni di affetto, piccola di statura e indomita, con il petto rivolto sempre verso l’interlocutore e lo sguardo apparentemente inespressivo, pronto a cogliere sfumature, gesti e sottili differenze.

Amica (fra molti) di Émile Verhaeren, Maurice Maeterlinck, Colette, Eugène Ysaÿe, Yehudi Menuhin, André Gide, Jean Cocteau e Pablo Casals, si spense 23 novembre 1965 a Bruxelles.


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