L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è“.

Si è chiusa il 14 febbraio scorso la mostra dedicata a Paul Klee dal Man di Nuoro che ha idealmente percorso, dopo la mostra dedicata allo scultore Alberto Giacometti , una felice stagione espositiva capace, in questi anni, di offrire spunti originali di riflessione sull’arte e su aspetti inediti dell’attività di artisti importantissimi, molto amati anche dal grande pubblico.

Una prima notazione positiva riguarda l’ allestimento . Le opere, immerse nella profonda penombra, grazie alla sapiente organizzazione dell’impianto luci sembravano emanare esse stesse la luce, che metteva in evidenza l’ essenza del colore e della linea .

Paul Klee, "Feigenbaum" (Il Fico, 1929).

Paul Klee, “Feigenbaum” (Il Fico, 1929).

I lavori si collocavano fra il 1910 e il 1940 , anno della morte dell’autore. Un trentennio complesso e feroce che, a cavallo di due guerre sanguinose, vide le avanguardie artistiche misurarsi e scontrarsi con una realtà cruda e violenta che in alcuni casi spinse i loro esponenti a ritornare su prospettive più rassicuranti.

Klee fu un artista eclettico che scelse la pittura come linguaggio privilegiato pur essendosi cimentato in diversi campi dell’arte: non ultimo quello musicale, di primaria importanza per artisti come Franz Marc e Vasilij Kandinskij che Klee conobbe nel 1911 e coi quali diede vita al gruppo Der Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro).

La mostra è stata allestita in due ambienti siti all’ultimo piano dell’edificio museale. Il primo, più piccolo e articolato in due blocchi, destinato ad ospitare le opere maggiormente rappresentative: splendida nel suo isolamento l’opera-manifesto della mostra stessa, “Feigenbaum” (Il Fico, 1929). La sala più grande ha consentito di sviluppare in lunghezza l’evoluzione del discorso grafico dell’artista – con lavori monocromi per lo più realizzati a penna su vari supporti cartacei – inframmezzato da alcune opere di diversa tipologia: olii o tempere su carta e cartoncino , acquerelli e incisioni, nei quali si affaccia il colore splendidamente modulato, che intorno alla metà del secondo decennio del Novecento segnò un momento fecondo della sua attività.

Queste opere hanno evocato la produzione più nota di Klee, a dimostrazione della riflessione ampia su tecniche e temi alla ricerca di un linguaggio adatto ad ogni esigenza rappresentativa. Proprio grazie a tali elementi la mostra ha sapientemente costruito un percorso alla scoperta di risvolti poco noti della sua ricerca. Felice, in questo senso, la scelta delle numerose testimonianze grafiche: attraverso queste abbiamo apprezzato una schietta e veloce rappresentazione di scene e situazioni variegate e colto una sensibilità osservatrice e immaginifica , sfondo per la più nota produzione astratta.

Paul Klee, "Über meinem Haus selbstverständlich der Mond", Sopra la mia casa ovviamente la luna, 1927.

Paul Klee, “Über meinem Haus selbstverständlich der Mond”, Sopra la mia casa ovviamente la luna, 1927.

L’elemento umano è stato più presente e riconoscibile. A volte Klee lo inserisce in architetture definite con pochi tratti, quasi per caso, in una quotidianità un po’ defilata ( “Fenesterke” , Angolo con finestra, 1910) ed eseguito con linguaggio quasi infantile, apparente testimonianza della ricerca dell’epoca di un’ingenuità percepita come tipica delle prime età dell’uomo o delle coeve popolazioni indigene dei diversi continenti. Altre volte è protagonista assoluto della scena, con rimandi a un tema caro a Picasso in molta parte della sua produzione: il Circo . Ma rispetto a Picasso, che ne evocava personaggi e ambienti con note di una malinconia struggente, le figure di Klee ( “Krüppel als Akrobaten” , Storpi come acrobati, 1922) sono svelte, sfacciate e quasi ironiche, esponenti di un mondo in divenire , privo di sicurezze e facili risposte. Questa vena espressiva darà negli anni successivi esiti diversi ma sempre interessanti, anche quando entrerà in scena il mondo animale ( “Tierfreundshaft” , Amicizia tra animali, 1923), o quando l’inquietudine espressiva sarà fa più forte ( “Über meinem Haus selbstverständlich der Mond” , Sopra la mia casa ovviamente la luna, 1927), fino ad arrivare a un’opera emblematica che sembra riassumere i temi appena citati con tratto e linguaggio assai sintetici: la linea sinuosa costruisce una piramide di elementi quasi irriconoscibili e culmina con un punto esclamativo, la cui evidenza grafica attira lo sguardo fin dalle prime battute ( “Ein Ende ohne Lösung” , Una fine senza soluzione, 1932).

Una mostra ricca di continui rimandi alle tematiche e alle tecniche dell’arte dell’epoca che ha saputo parlare di un artista che si è interrogato e non ha certo temuto la complessità, il dubbio, la confusione e al contempo il bisogno di farsi una ragione di elaborare una realtà che vide la nascita del terzo Reich e l’ascesa di Hitler e del Nazismo . Non è un caso, alla luce del suo percorso umano e artistico, che Klee fosse inquadrato tra gli esponenti dell’ arte degenerata (insieme a molti altri padri della cultura europea). Indubbiamente fu testimone credibile di un tempo difficile e controverso ed è valsa la pena incontrarlo in quella penombra accogliente e generosa dei suoi colori e delle sue intuizioni.

By C.T.